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MANDURIA CENTRO CULTURALE GS - GIULIA SELVAGGI

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Senza nome 1

Foto della locandina

Presentazione libro MANDURIA IN IMMAGINI 11/11/2007

Foto presentazione

Filmato intervista

Filmato intervento

Cartoline

Intervento
Giulia Selvaggi

Intervento
Glauco Ferrante

Intervento
Ilaria Pecoraro

Senza nome 2

INTERVENTO DI GLAUCO FERRANTE  

Sono incappato recentemente in una parola che mi ha, lì per lì, disorientato per la sua originalità, tanto più – trattandosi di un termine che invano cerchereste sui dizionari inglesi – essa non trova alcuna corrispondenza nella nostra lingua. La parola in questione, coniata dallo scrittore britannico conte Horace Walpole è serendipity, il suo significato approssimativo dovrebbe essere: trovare una cosa quando se ne cerca un’ altra.  A me è capitato allorché ho avuto il piacere di incontrare la signora Giulia Selvaggi la quale, evidentemente mal informata sul mio conto, aveva preso per buone le notizie – ahimè – troppo benevole, e quindi fuorvianti, circa la mia persona. Mi aspettavo di trovare una donna affetta, come tante, da protagonismo compensatorio, e ho trovato un’autentica artista impegnata nel genere che, a dispetto della sua apparente facilità, è forse una delle più difficili tra le forme d’arte. Pensate ai grandi pittori degli ultimi centocinquant’anni da Francisco Goya a Pablo Picasso, passando per Daumier, Manet, Renoir, van Gogh, Degas, Matisse, Kandinski.  E poi Modigliani, Morandi, Boccioni, Carrà, De Pisis, giusto per citare qualche italiano. E i fotografi? Dove sono i grandi fotografi che hanno operato nello stesso arco di tempo? Non c’è dubbio che si faccia fatica a rintracciare nomi di fotografi importanti che non siano quelli universalmente noti di Mapplethorne, Newton, Toscani. Ce ne saranno certamente di altrettanto geniali, il guaio è che sono in pochi a conoscerli e a parlarne. Noi però, per farlo, dovremo aspettare un’altra occasione, perché oggi io sono qui per Giulia Selvaggi, la quale – come per saldare il debito che ognuno di noi, quando viene al mondo, contrae con la città che gli ha dato i natali – ha dedicato a Manduria, che da qualche secolo ospita la sua famiglia, un album di splendide immagini fotografiche, tutte rigorosamente notturne, come ci dice il titolo della raccolta, Manduria in immagini, vista di notte, dove la luce riflessa dalla tenera arenaria leccese che riveste le facciate dei palazzi, gli archi dei portali, le chiese, evoca una nobiltà orgogliosa e al tempo stesso discreta e pudica. A rispettosa distanza dallo storico Castello, e da tutti gli altri luoghi comuni dell’architettura mandurina, Giulia Selvaggi è andata in cerca di immagini insolite, rare, preziose che invano cerchereste nell’iconografia tradizionale della città dove forse giacciono ancora da qualche parte i resti mortali di Archidamo re di Sparta. Questi, implorato dai tarentini le cui carovane venivano sistematicamente depredate dagli abitanti di Manduria, intervenne e cinse d’assedio la città, come racconta in chiave raffinatamente umoristica il mio compianto e rimpianto amico Giuse Dimitri del quale mi auguro si provveda, senza ulteriori indugi e rinvii, a celebrare degnamente l’opera e la persona. Scusatemi se ho sconfinato. L’occasione era unica e ghiotta. Non ho resistito alla tentazione di approfittarne. Per tornare alle immagini di Giulia Selvaggi, va sottolineato il contrasto – sempre e comunque armonioso – fra lo sfondo del cielo senza stelle e gli scorci delle viuzze anonime, i porticati, i rosoni, i portali, le arcate, i balconi, le piazzette, i vicoli, il tutto armoniosamente soffuso di una luminosa magia. Le immagini sapientemente carpite alla Manduria by night ci presentano, attraverso percorsi che sono al tempo stesso visivi e concettuali, luoghi che credevamo di conoscere e che d’un tratto ci si rivelano nella loro dimensione complessiva di carme notturno. Né si può fare a meno di rimpiangere che ci sia inevitabilmente negata la possibilità di vedere dal vivo la città che l’Autrice ha inventato, ricreato, trasfigurato, attraverso l’uso sapiente della luce, in queste sue immagini che non è retorico definire magiche. C’è un aspetto della personalità della signora Selvaggi che ho potuto cogliere grazie a una mia innata caratteristica, la curiosità viva, morbosa. Qualunque cosa io legga o guardi il mio interesse, si divide equamente fra l’opera e l’autore. Nel caso di Giulia Selvaggi ho scoperto, alla pagina 8 del libricino, e ne sono rimasto colpito, una piccola, quasi invisibile e originale cifra di civetteria, inserita molto, molto elegantemente. Le due cornici, superiore e inferiore dell’immagine sono composte da due sequenze di sguardi femminili, sguardi intensi, ipnotici, significativi che partono dagli occhi di Giulia Selvaggi. Vittorio Sgarbi, in contraddizione con i suoi interventi televisivi che talvolta hanno degenerato in autentiche risse, è – nel suo privato – una persona veramente deliziosa, cortese, attento, premuroso. Quando visita una città, come primo approccio s’informa circa la sua consistenza culturale. Capitato, anni fa, a Martina Franca, qualcuno gli disse che avevo pubblicato un romanzo. Se ne procura una copia, lo legge in una notte (egli – lettore famelico – legge solo di notte), dice a qualcuno che se quel libro fosse stato pubblicato a Milano anziché a Foggia, sarebbe stato un best-seller (giudizio che, non essendo documentato, non posso purtroppo inserire nel mio curriculum), chiede di vedermi. L’incontro, per come è maturato, mi mette un po’ a disagio. Sgarbi deve allontanarsi, mi chiede scusa e mi affida alla sua fidanzata pro tempore che, ad evitare le scongiurabili carestie, egli si porta sempre dietro. Lo incontrerò altre volte a Roma nella sede dello scomparso Partito Liberale. Vi ho detto queste cose perché voglio concludere proprio con una frase di Sgarbi tolta da una pubblicazione rotariana:

L’arte ha voluto distinguersi dalla vita contrapponendo al suo tempo mortale quello immortale dell’eternità. Cercare di scavalcare la vita non vuol dire annullarla, cancellarla. Al contrario, significa sublimare la vita, fondarla su ideali estetici e morali che la elevino dal piano del contingente a quello dell’assoluto………Se Fidia e Goya continuano a vivere nelle loro opere, non è soltanto per una loro forza intrinseca, ma perché siamo noi a volere che vivano ancora, che sìano ancora con noi, uomini alle soglie del nuovo millennio, e che abbiano ancora qualcosa da insegnarci. Le immagini di Giulia Selvaggi si collocano sul piano dell’assoluto, continueranno a vivere.      

 Napoletano di origine, Glauco Ferrante è nato a Martina Franca, dove vive e opera. Ha conseguito la maturità classica nel liceo “Tito Livio” di Martina Franca e la laurea in chimica presso l’Università di Bologna. Ha collaborato regolarmente dal 1972 al 1990 al quotidiano “Il Tempo” e dal 1985 al 1993, al settimanale “L’Opinione”. Già iscritto all’ordine dei giornalisti: elenco dei pubblicisti, il suo nome figura fra gli autori radiofonici della RAI Radio Televisione Italiana, per la quale ha curato i testi di una serie di puntate della rubrica di Rai 2 “Domenica Musica”, nonché la riduzione e l’adattamento di racconti di viaggiatori in Puglia. Il suo romanzo d’esordio: “Gli Opportunisti”, Bastoni – Foggia 1985, gli valse il premio selezione Scanno. Nel 1992 ha pubblicato (anonimo) con l’editrice Meb-Padova, il pamplet: “come fare carriera in politica”, favorevolmente accolto dalla stampa nazionale. Dei suoi libri hanno parlato fra gli altri: Nello Aiello, Corrado Augias, Giulio Cattaneo, Danilo Granchi, Maria Luisa Spaziani, Raffaele Nigro.

   

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